La pornogrammia è il volto, il risvolto messianico della pornografia: un piccolo spostamento: scarto parodico: iper parodico: è il compimento, il perfezionamento di ogni dialettica di eros come stadio psichico e psico-pubblicitario: di eros e di porno: di funzione di oscenità e di valore di esposizione: è il risultato fermo della dialettica: il ritrarsi radicale del presente nel perfetto: da –grafia a –grammia… E’ un resto in stadio di effetto.
La traccia di scrittura, ogni sua chiusura che però la tenga sì nel movimento, quindi la cosa che è stata in-scritta, è un che di ghegrammenon.
La pornogrammia, in somma, non si oppone alla pornografia, ma le sta accanto: le fa agio: la spurtusa solo.
La pornogrammia è cosa, forse non un oggetto… E provoca domande la cui elargizione è uno strazio, domande che insorgono e che continuano solo ad avere luogo: a scintillare levandosi.
Per chi? E si chiede, sebbene non sia che segni di una antica colpa: non lo zero ma uguali a-zero: una species animale non sicura manco del nome, e non si disponga che di mezzi rivolti al loro fine, che poi fine manco lo è.
Scoprirsi nominati.
E non da altro che da occasioni di sensi e di immagini: l’assolutezza di una presenza allo strazio, all’insorgere di uno screzio, di una nudità d’impossibile: cadendo nella lingua, al segno.
Solo la scrittura, l’incisione immaginale, le tracce di figure: solo questo apre il vissuto, a riconoscerlo? O solo cosa di spazi di significati, ma senza fondo, soffio di etimo, soffio di cuore? Non disporre di stati d’animo, di situazioni spontanee donde sgorghi ispirazione donde si possa registrare sul foglio, sullo schermo – piuttosto si appropria al vissuto solo poetandolo, anzi, solo dopo averlo poetato: versandolo alla sua origine, alla carne che pure si è, alla vita che
vivente sé vive
E che il lettore congiuri assieme, per una volta senza guadagno, per una volta senza risparmio?
Vladimir D’Amora
ESTRATTI
Da: “pornogrammia”, Edizioni Galleria Mazzoli, 2015
Quando gli dei
che fuggono dall’uomo e nulla
che resta nella terra
come il volerti, lanciando
nella mirmidone
mia voce nel fallire
è la tua faccia
come un immenso
e sordo travagliare
delle api.
***
Ma è tempo ormai di non far durar le cose.
Nulla
comincerà prima di questo passo.
Ci dev’essere la prova
una caduta senza i torsi
nel disordine.
***
a tutto piace esistere smettendo ed è la sua
nuda attesa di sparire e in qualche parte
congrua non si oblia lui
resta come un’eternità di moda,
ciarliero, non salvante
verbi che s’infrangono – nella tua stessa bocca –
oggetti si restringono
tramando veri fili
di sapere è l’evento
ripassando trova il ritto e vacuo punto
così perso – e in un luogo
costruito – e sì per ore
amministrate dalla folla
e sul destino e su ciascuno
imposto lui la luce a anima
riprodotta, asettica
la liquidazione – lui
incalcolabile pareggia
e muta forma in ogni saldo estinguersi esteriore.
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